OLIVETI DELL’AZIENDA DE MARTINI

Gli oliveti dell’azienda, Oliveto di Fontana Nuova, Oliveto di Fontana dell’Olmo e l’ Ulivetiello, sono ubicati nel territorio di Fragneto l’Abate. Le piantagioni si trovano a 500 mt. di altitudine, su un declivio collinare esposto a sud-est, ventilato e soleggiato. Impiantati per lo più a filari, per una estensione complessiva di circa 5 ettari, si presentano con oltre mille alberi di Leccino, Frantoio e Ortice.

Il Leccino è una cultivar di origine toscana. Si tratta di una pianta molto rustica, conosciuta per l’ottima resistenza alle avversità climatiche e parassitarie e per la sua bellezza. L’albero è vigoroso, con chioma ampia e folta e rami a portamento semipendulo. Le foglie dell’ulivo sono di colore verde-grigio che al sole determinano un effetto argentato. La maturazione dei frutti è precoce ed uniforme. Le olive, in fase matura, sono di colore viola scuro e si prestano ad essere utilizzate anche per il consumo da tavola.

Il Frantoio è una cultivar originaria dell’Italia centrale ed è apprezzata per le sue capacità di adattamento. Le piante sono di media vigoria e presentano rami principali tortuosi ed inclinati, mentre quelli fruttiferi sono sottili e cadenti. Le foglie sono di colore verde scuro opaco. I frutti, caratterizzati da una invaiatura graduale, dal verde chiaro al nero violaceo più o meno intenso, presentano numerose e piccole lenticelle. A differenza del Leccino, il Frantoio è autofertile, nel senso che il suo polline è capace di fecondare gli ovuli dei fiori della stessa varietà. Ma la pianta, avendo anche prerogativa di impollinatrice, partecipa attivamente alla produzione delle altre varietà presenti nell’impianto come il Leccino e l’Ortice. La presenza della varietà Frantoio negli oliveti garantisce una produzione costante.

La cultivar autoctona Ortice, di origine antica probabilmente coincidente con l’Orchite, viene citata tra le migliori varietà di olivo da Catone (De agri cultura), Columella (De re rustica), Virgilio (Georgiche) e Plinio (Naturalis Historia). Abbastanza intuitivo che l’Orchite (dal greco ὄρχις, testicolo) traesse il nome dalla caratteristica forma ellissoidale allungata delle drupe di grandi dimensioni, con la base leggermente rastremata e l’epicarpo poco pruinoso con numerose lenticelle. Non è un caso che questa varietà di olivo sia conosciuta anche come “Testicoli di Gallo”. Gli altri nomi con cui è denominata sono: Lessana, Olivastro, Olivo a Pizzo di Passero, Olivona. L’Ortice trova il suo areale di elezione, caratterizzandone il paesaggio, nel territorio che si estende dai contrafforti del Tammaro e del Fortore, attraverso la Piana del fiume Calore, fino ai monti Taburno e Partenio. La pianta è di media vigoria e portamento assurgente e presenta una chioma folta. Il colore delle foglie è verde-grigio. Le drupe sono caratterizzate da una invaiatura tardiva che procede dal verde intenso all’apice verso il rosso vivace alla base. La pianta di Ortice ha bisogno di essere impollinata in quanto autosterile e si contraddistingue per una produzione abbondante ma alternata negli anni.

TECNICHE DI COLTIVAZIONE – AGRICOLTURA BIOLOGICA

Le tecniche di gestione del suolo e di coltura dell’olivo sono quelle tradizionali, in linea con i disciplinari di agricoltura biologica della Regione Campania, al fine di ottenere produzioni di qualità con metodi di coltivazione rispettosi dell’ambiente. Le fasi di coltura possono sintetizzarsi essenzialmente in potatura, concimazione, controllo di malattie e parassiti.

La potatura viene eseguita, nel mese di marzo, in giornate soleggiate e asciutte. Effettuata mediante l’uso di forbici, cesoie pneumatiche e segacci, la potatura annuale è generalmente di media intensità, ovvero si limita al taglio di polloni e succhioni (rami derivanti da gemme avventizie sul ramo e sulle branche) che turbano l’equilibrio della pianta e allo sfoltimento dall’interno dell’albero per consentire una buona penetrazione nella chioma di aria e luce. Ogni due anni, si procede invece ad una potatura più energica, volta a correggere la forma della chioma (tronco-conica) e a dare vita a nuove ramificazioni. Questo tipo di potatura è una vera e propria arte, praticata con sapienza negli oliveti de Martini da Rosario e Andrea Nilo.

La concimazione dell’oliveto, pratica spesso sottovalutata, risulta indispensabile perché le piante esprimano il massimo delle loro potenzialità produttive e qualitative. Per stabilire razionalmente quali e quanti siano gli elementi nutritivi (azoto, fosforo, potassio, magnesio, boro) di cui hanno effettivamente bisogno le piante, annualmente viene effettuata l’analisi chimico-fisica del terreno. I concimi utilizzati sono organici, primo fra tutti il residuo di potatura dell’oliveto che, opportunamente trinciato e interrato, apporta indubbi benefici alla fertilità del suolo. Il periodo di maggiore fabbisogno della pianta di elementi nutritivi è la ripresa vegetativa (inizio primavera). La concimazione fogliare a base di boro in prefioritura risulta molto importante al fine di favorire l’allegagione (fase iniziale dello sviluppo dei frutti).

Il controllo di malattie e parassiti è condotto attraverso una puntuale attività preventiva: vengono evitate concimazioni con eccesso di azoto che favoriscono gli attacchi di funghi e parassiti. Sui terreni vengono effettuati periodici controlli destinati ad evitare eventuali ristagni di acqua nel suolo, in quanto molte malattie crittogamiche attecchiscono in presenza di umidità. Viene garantita così una buona ventilazione ed insolazione dell’impianto attraverso un’attenta attività di sfoltimento delle piante. Inoltre subito dopo la potatura e la raccolta, al fine di disinfettare a fondo tutte le ferite dei tronchi e dei rami, gli alberi vengono irrorati con ossicloruro di rame che, oltre ad agire come fungicida, è efficace anche nella lotta preventiva alla mosca dell’olivo. Va precisato che l’attacco della mosca, puntualmente monitorato e controllato attraverso trappole al feromone, nelle nostre zone di alta collina è tardivo e di limitatissima intensità. Aveva, dunque ragione Virgilio nel sostenere che “Iuvat olea magnum vestire Taburnum (conviene rivestire di oliveti il grande Taburno)”, perché le altitudini elevate sono garanzia di produzioni sane.